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Rappresentanza storica della Terra di Prato
Rappresentanza storica della Terra di Prato:
I VALLETTI COMUNALI
di Alessandro Assirelli
Nel 1931, in occasione della riconsegna al Comune delle due chiavi del forziere della sacra Cintola custodita in Cattedrale da parte del Vescovo, ed altresì nel clima concordatario dove il regime fascista intendeva avvicinarsi il più possibile alla chiesa dopo la firma del Concordato del 1929, anche il Podestà di Prato Diego Sanesi si adeguò agli ordini del suo partito. Al fine di rendere la cerimonia più solenne, fu deciso di sostituire i custodi del gonfalone municipale (allora poco presentabili e attaccabrighe soprattutto dopo i canzonatori commenti dei clienti dello scomparso Bar Italia in Via Garibaldi), con alcuni figuranti disegnati dall'ufficio tecnico comunale che si richiamò a un generico passato della città, mentre il labaro fu un vero capolavoro di artigianato disegnato da Tebaldo Donnini e ricamato da Nerina Querci.
Dopo la seconda guerra mondiale, i Valletti crebbero di numero, ma purtroppo erano affidati alla buona volontà di un donzello comunale che li gestiva come poteva, più alla maniera di un gruppo di amici che al rigoroso complesso storico. Nel 1975 su richiesta del Sindaco d’allora, si decise di togliere i Valletti dai maleodoranti scantinati del palazzo comunale per collocarli in una sede dignitosa, con docce, armadietti personali e tutto quanto occorreva al decoro della compagine. Mancava ancora un aspetto fondamentale: il rinnovo dei costumi per cancellare definitivamente gli evidenti, ed anche imbarazzanti, strafalcioni storici; uno su tutti era la figura del Capitano del Popolo, che si proponeva con una divisa tipicamente militaresca, attribuibile al secolo XVI, con elmo e corazza, mentre l’autorità rappresentata era civile e non militare che risaliva al Duecento e come l’attuale Sindaco non era armato. Il grande e contagioso entusiasmo del Sindaco Landini e il suo amore per la città furono determinanti. Chi scrive fu incaricato di ricercare nel passato e nei documenti del Comune per comporre una nuova rappresentanza storica credibile, consona alla ricostruzione del passato che essi avrebbero dovuto rappresentare. L'allora Assessore alla cultura istituì una commissione di storici locali al fine di valutare la congruità e la validità delle mie proposte sui nuovi costumi, facenti riferimento all’anno 1351. Molti i tentennamenti ma grazie alla determinazione dell’Assessore e ai precisi e amichevoli suggerimenti di due profondi conoscitori di Prato, Luciano Santini e Aldo Petri, i bozzetti e i successivi figurini divennero realtà. Prima di passare alla sartoria e quindi al vestimento delle nuove livree, organizzai due momenti promozionali per informare la città del prossimo radicale cambio delle uniformi: il primo si concretizzò con l'incarico al compianto pittore Renato Cellai di rappresentare iconograficamente tutte le figure che avrebbero composto il nuovo Corpo dei Valletti, e il secondo l'allestimento di una mostra al ridotto del Metastasio, composta dai bellissimi quadri dell’artista (oggi dispersi o appesi singolarmente in alcuni uffici comunali), dalle armi e armature e da alcuni costumi. In questo lavoro sono illustrate tutte le figure disegnate dal Cellai.
Personalmente resta un solo rammarico: non essere riuscito ad istituire la figura del Falconiere!
Alla esposizione inaugurata il 13 ottobre 1979, onorarono della loro presenza il vescovo Pietro Fiordelli (notoriamente restio alla mondanità), il senatore Guido Bisori e l’ex Sindaco Roberto Giovannini. La mostra contò tantissimi visitatori tra i quali gli studenti pratesi, molto interessati alla nostra storia.
Nel frattempo predisposi la fondazione del gruppo di sbandieratori, da affiancare ai Valletti, che il successore di Landini, Alessandro Lucarini mal consigliato dai suoi vicini collaboratori, non ritenne opportuno accogliere. Mancava solo la fabbricazione della stoffa, poi eseguita con straordinaria perizia da un lanificio pratese. Occorsero quasi due anni di lavoro di sartoria ma finalmente, come già detto, l'8 settembre 1980 il nuovo Corpo dei Valletti comunali era pronto per farsi ammirare dalla città. La sfilata iniziò con la consegna da parte del Sindaco, sul ballatoio del Palazzo Pretorio, della mazza di comando al Capitano del Popolo. Successivamente il Vescovo investì ufficialmente il Capitano di Parte Guelfa consegnandogli la pergamena di nomina. Anche la Regione volle dimostrare la sua riconoscenza alla lunga ricerca, consegnandomi il Pegaso 1981 (dello scultore Lando Landi) e consentendo ai valletti di sfilare nel centro di Firenze (unica occasione nella loro storia), accompagnati da 1500 figuranti in costume provenienti da tutta la Toscana a rendere omaggio alla nuova compagine storica pratese. Purtroppo l'epilogo di questa che sembra una bella storia non è stato come tutti potrebbero immaginare: infatti la Regione Toscana, nel 1993, con una discutibile, arbitraria e oltraggiosa decisione, ha depennato senza alcuna giustificazione tredici anni di conferimenti e i nomi dei relativi destinatari dell'alto riconoscimento, mentre il Comune ha cancellato senza motivo e nessuna giustificazione, la Commissione organizzatrice istituita per sovrintendere alla ge-stione del Corpo dei Valletti in applicazione del regolamento a suo tempo approvato dal Consiglio Comunale. La Commissione era composta da membri del consiglio, il cui segretario era il capo del cerimoniale. Inoltre aveva il compito di applicare il piano già esistente per l’istituzione degli sbandieratori, divisi in quattro gruppi rappresentanti gli antichi Quartieri, il cui intento era quello di portare l’immagine di Prato nel mondo, oggi tanto importante.
Infine rimane il più affascinate e suggestivo aspetto che sono i colori e i simboli, senza la cui spiegazione tutto sembrerebbe più una rappresentazione spettacolare ma priva di significati storici.
L’insegna ufficiale del Comune era un drappo rosso con gigli oro (simbolo inequivocabile della credenza mariana e noto fino dalla fine del 1100), che veniva proposto ed obbligato a tutto il personale comunale che usciva dal Palazzo in rappresentanza, sia guerresca che civile, della comunità pratese. In particolare i vessilli svettavano sui battifolle (roccaforti ambulanti trainate da muli), per mostrare la potenza militare di Prato che spesso interveniva in aiuto ai Comuni amici oppure, come nel 1305, contro i nemici pistoiesi. Terminate le battaglie, tutti gli apparati descritti venivano impiegati per le feste locali come la Fiera di settembre o l’ostensione della sacra Cintola, ed ancora per celebrare i funerali dei personaggi illustri.
Anche il cavaliere sostenente lo scudo rosso disseminato di gigli oro e divenuto, illegittimamente, lo stemma della Provincia con l’aggiunta di sei patacche, ha troneggiato solennemente fino al XIII secolo per scomparire dopo che Prato uscì dalla Lega Guelfa, firmata in Cattedrale nel 1282, e riproporsi successivamente anche convivendo con l’insegna del campo rosso con gigli d’oro, in quanto non poteva più sostenere le spese. Successivamente all’insegna comunale fu aggiunto il capo D’Angiò come si vede oggi.
Per il valore storico ed araldico dopo l’insegna comunale spiccavano i vessilli delle otto Porte e dei quattro Quartieri. Tutto il popolo pratese si radunava attorno ai loro gonfaloni, pronto a partire per qualche guerricciola in aiuto dei Comuni alleati, come avveniva per Lucca. La prima rappresentazione pubblica fu dipinta nella Sala Maggiore dell’attuale Palazzo comunale, in un affresco dedicato alla Giustizia militante.
Una nascente comunità, anche se siamo solo nel XIII secolo, aveva bisogno di dotarsi di una propria organizzazione civile, sociale e burocratica. Prato e il suo Distretto, vista la facilità con cui passò dal regime feudale a quello comunale, venne divisa in Porte, Quartieri e Ville.
Il numero delle Ville ha oscillato nel tempo da 45 a 52 quindi prendiamo a campione un documento che ne elenca 47, dipendenti dalla giurisdizione di ognuna delle seguenti otto Porte:
PORTA SAN GIOVANNI
Filettole, Carteano, Canneto, Bibbiano, Sofignano
PORTA AL TRAVAGLIO
Coiano, santa Lucia, Grisciavola, Schignano
PORTA GUALDIMARE
Galciana, Casi
PORTA FUIA
Capezzana, sant'Ippolito, Armignano, Tobbiana, Casale, Iolo, Sorniana (Vergaio),Popigliano, Maglio,san Gaudenzio
PORTA SANTA TRINITA
Cortevecchia, Cafaggio, Tavola, Castelnuovo, san Giusto, Montalbiolo,Parmigno,Fabio
PORTA A CORTE
Grignano, Cerreto, Paperino, san Giorgio a Colonica, Capraia, Vaiano, san Leonardo
PORTA CAPODIPONTE
Ponzano, Mezzana, Santa Maria a Colonica, Faltugnano,Savignano
PORTA TIEZI
Gonfienti, Pimonte, Cavagliano, Pizzidimonte, Ugnano, Figline.
Per completezza d'informazione si deve tenere conto che altre due Porte erano state aperte nelle mura antiche, quella di Rusticuzzo in prossimità dell'attuale piazza Lippi e quella di san Jacopo vicino all'odierna via Dante. Inoltre fino dai tempi più remoti, appena tirava aria di guerra le Porte venivano murate ad eccezione di una, diversa di volta in volta.
Nell'ultima cintura magistrale, le cui vestigia sono ancora intatte anche se non sempre visibili dalle pubbliche Vie, le Porte vennero ridotte a sette e quasi tutte in corrispondenza delle precedenti, esclusa la nuova Porta di san Fabiano.
Le Ville, che attualmente vengono definite frazioni, erano rette da un «Consiglio degli uomini» e da due «sindaci» che facevano osservare le leggi comunali ed avevano l'autorità di radunare la fanteria delle frazioni, in casi eccezionali, composta da un insieme di mille soldati.
I QUARTIERI
Abbiamo visto che nel Duecento le Porte principali erano otto, ed ognuna di esse deteneva il nome di una delle contrade o «ottavi» nei quali la Terra di Prato era amministrativamente divisa. Questa ripartizione è una particolarità solo pratese, in quanto le altre città toscane erano divise in terzieri, quartieri o sestieri. Si deve però notare che sia per l'attribuzione di cariche ufficiali, come per altri aspetti della vita amministrativa, le Porte erano riunite a due a due per formare quattro Quartieri. Ecco nel dettaglio le varie attribuzioni compresi i gonfaloni: il quartiere di san Giovanni, detto poi di santo Stefano, era composto dalle porte di san Giovanni e Travaglio sotto l'insegna di un leone rampante d’oro in campo rosso. Il quartiere di santa Maria, composto dalle porte Gualdimare (dal palazzo con bellissimi giardini di proprietà dei Gualdimareschi, Falcone e Pratese, discendenti di Cadaletto Gualdimare) e Fuia, s'identificava nel simbolo di un orso nero in campo oro. Il quartiere di santa Trinita, l'insieme delle porte santa Trinita e a Corte (così detta perché si apriva davanti alla corte del palazzo dei conti Alberti), si fregiava di un gonfalone sul quale c'era un'aquila rossa in campo argento. Il quartiere di san Marco, infine, riuniva le porte Capo di Ponte e Tiezi (da Tiezo di Pellegrino, padre di Romeo del Balzo fondatore della chiesa di san Giorgio), con le insegne di un drago verde in campo rosso.
Anche le Porte avevano una propria insegna araldica:
Porta di San Giovanni, Aquila
Porta al Travaglio, Branca di Leone
Porta di Gualdimare, Toro nero
Porta Fuia, Leone d'oro
Porta a Santa Trinita, Orso
Porta a Corte, Elefante
Porta di Capo di Ponte, Liocorno
Porta Tiezi, Drago
Una controversia si è recentemente affacciata sull’ipotesi incerta dell’insegna del Quartiere di Santa Trinita: chi sostiene l’Aquila e chi la branca di Leone. In questa breve esposizione preferiamo la prima versione contando sulla descrizione dell’ affresco, noto come la Giustizia militante, presente nella Sala Maggiore del Palazzo municipale.
Tornando indietro, al 1870, il Comune decise un profondo restauro del Salone ed il Sindaco di allora Gaetano Guasti tratteggiò minuziosamente quel significativo affresco descrivendone nel dettaglio tutti i nove stemmi in esso presenti. Tra questi il Quartiere di Santa Trinita effigiato da un’Aquila rossa in campo bianco che il Sindaco indica come “…in basso alla mia sinistra”.
Ebbene, durante i lavori lo scudo scomparve, forse inavvertitamente cancellato oppure volutamente, e qualcuno sostituì l’insegna con il cavaliere simbolo mariano e della Parte Guelfa ancora oggi presente.
Osservando l’affresco si nota subito un’anomalia: infatti tre delle quattro insegne dei Quartieri hanno lo scudo obliquo, mentre quella con l’intruso cavaliere è praticamente verticale perciò opera di mano successiva e, aggiungiamo noi, arbitraria.
La discussione è aperta anche se qualche operatore d’Arte non ha il coraggio di pronunciarsi. Un’altra evidente anomalia si deduce con la logica: sappiamo che i nostri avi medievali non erano dei cretini anzi, in quanto a fantasia molto più evoluti considerando le condizioni di allora. Pertanto ci domandiamo: perché all’insegna dei Quartieri attribuire un animale a tre su quattro? Per noi è illogico e sollevare il problema è quasi assurdo, visto che in un’accurata ricerca nel variegato ambiente araldico pubblico della Toscana, non si manifesta mai un’anomalia del genere. Quindi chi ha in buona o cattiva fede perorato questa assurdità, forse farebbe bene a ripassarsi un po’ di storia! Fortunatamente la curatrice del Civico Museo di Prato, dottoressa Maria Pia Mannini, afferma con decisione quanto chi scrive asserisce da anni e cioè: «l’Aquila venne sostituita dal cavaliere armato a cavallo nel 1870-1873». L’importante e risolutiva conferma si trova negli atti del Convegno internazionale tenuto a Campiglia Marittima nel marzo 1987 a pagina 149 nota 22, dal titolo “L’Araldica, fonti e metodi” curato dalla Regione Toscana ma non solo, un magnifico saggio dell’ Architetto Claudio Cerretelli dal titolo “Il Palazzo comunale di Prato” uscito nel 2010, a pag. 266 nota 23, giunge alla stessa conclusione rilevando la sostituzione dell’insegna di S. Trinita con il Cavaliere simbolo della Parte Guelfa.
Ma non basta. Il pratese Conte Giuseppe Maria Casotti compilò, nel 1720, un “Lunario istorico pratese” per descrivere tutte le cerimonie pubbliche e religiose che ogni giorno si svolgevano in Prato. Il nobile era molto appassionato di storia e araldica per cui segnalava perfino gli stemmi presenti sulle facciate delle case, raccontandoci che i Quartieri erano quelli che abbiamo già citato sia nei contenuti “animali” che nei colori. Ma inaspettatamente aggiunge una notizia mai acquisita dagli operatori dell’Arte: sul ballatoio del Palazzo Pretorio erano scolpiti in pietra i simboli dei Quartieri descriti e sull’architrave dell’ultima porta del Palazzo in angolo con il Porcellatico, c’era la statua del Gonfaloniere di Giustizia; ebbene tutto ciò ha fatto la fine della statua di Roberto d’Angiò: è scomparso.
Queste poche righe per invitare i “vecchi” e i “nuovi” pratesi a sollecitare l’ Amministrazione comunale affinché continui, e concluda, l’opera avviata nel 1980 il cui nobile scopo era quello di conservare l’immagine del nostro pregiato passato con la rappresentazione animata dei messaggeri della nostra storia, anche se fino ad oggi sembra prevalere l’indifferenza negli apparati politici e amministrativi, vista l’evidente trascuratezza e le modeste capacità professionali di gestire la Compagnia. Sperando che l’orgoglio pratese superi l’inerzia da troppi anni manifestata e che rischia un preoccupante oblio, dopo che nel 2001 fu ricordato il 70° anniversario della fondazione del Corpo dei Valletti nell’assoluto silenzio, mentre anche per un segno di rispetto nei confronti dei cittadini era opportuno svolgere la ricorrenza con solennità ed aperta al pubblico. Ma le scarse capacità degli organizzatori fecero si che tutto si svolse in segreto nelle stanze del Comune. Infine desidero ricordare che Prato ha avuto nel passato dei validissimi balestrieri, perché non riportare alla luce anche questo aspetto che è pur sempre un patrimonio storico?
DESCRIZIONE DELLA SFILATA
Maestro di Campo
Capo dei Musici
Sei Tamburini con le insegne del Comune
Sei Trombetti di Palazzo
Sergente dei Fanti
Sei Fanti di Palazzo
Due Mazzieri
Capitano del Popolo
Capitano di Parte Guelfa
Gonfaloniere di Giustizia
Due Priori: Notaio e Difensore
Porta insegna del libero Comune
Tre custodi del Gonfalone
Due spadoni del Quartiere di S.Stefano con insegna
Due balestrieri del Quartiere di S. Marco con insegna
Porta insegna della comunità pratese
Due alabardieri del Quartiere di S. Maria con insegna
Due picchieri del Quartiere di S.Trinità con insegna
Capo dei Tamburini di Quartiere
Quattro coppie di Tamburini coi colori dei Quartieri
La pagina seguente è il comunicato ufficiale dell’8 settembre 1980, in occasione della presentazione alla Città dei rinnovati costumi della rappresentanza storica comunale di Prato, più nota come Corpo dei Valletti comunali.
XIII secolo. Prato, ancora Repubblica orgogliosa della propria indipendenza, dimostrava agli ospiti, come avviene oggi negli Stati moderni, tutti i suoi apparati militari e di governo. L'occasione era data dalle frequenti visite che i Comuni toscani effettuavano per rendere omaggio alla sacra Cintola della Madonna. Infatti questo avvenimento, che prevedeva l'incontro tra Autorità laiche e religiose, era sempre seguito con la massima attenzione perché intenso momento di aggregazione popolare. Il trasferimento dalla sede comunale al centro di culto religioso avveniva sempre con un variopinto corteo: aprivano la sfilata i Trombetti di Palazzo seguiti dai "famigli" armati di tutto punto e pronti a intervenire al minimo accenno di ostilità verso i massimi esponenti del governo locale: il Capitano del Popolo e gli alti Magistrati al suo seguito. In coda vi erano ancora armigeri ma diversi dagli altri in quanto non facenti parte dell’apparato centrale ma di quello periferico, i Quartieri, ed erano equipaggiati con armamenti pesanti tipici dei soldati del tempo.
Il trascorrere degli anni ha portato all'aggiunta dei tamburini, anch'essi molto usati nelle operazioni guerresche, dando ai cortei ufficiali un tono di marzialità e di severa imponenza per il contrapporsi al cupo rullo delle percussioni, lo squillante e allegro suono delle chiarine.
Il 1350 apporta radicali modifiche al costume pratese: vuoi per l'ignobile "svendita" dell'orgogliosa Terra per 17500 fiorini [1] a Firenze, vuoi per la peste del 1348 che fece intuire ai cerusici un nesso tra le vesti che strascicavano per terra ed il contagio del micidiale morbo.
In epoche successive, ce lo testimoniano i cronisti di allora, si sono succedute nuove cariche comunali derivate, però, da quelle antiche per cui i cortei sono rimasti inalterati come ai tempi del libero Comune, anche per un mai sopito e nostalgico rimpianto, con le modifiche dovute all'opportunità, nelle vesti e nelle armi.
Oggi il Sindaco ha come segno di riconoscimento, non per la potenza di allora ma per la carica ad esso affidata, una sciarpa tricolore. I Fanti di Palazzo non esistono più, ci sono i Vigili urbani che assolvono le stesse funzioni, anche se queste sono cambiate al pari della società. I musici che aprivano i cortei sono oggi suppliti dai complessi bandistici e i Gonfaloni, oggetto di custodia gelosissima da parte di tutte le realtà comunali, sono fatti di materiali allora sconosciuti e sorretti da aste metalliche cromate a definitiva sostituzione del legno.
Questa premessa ci è sembrata indispensabile per consentire un maggiore approfondimento dei motivi che hanno indotto l'Amministrazione comunale a tenere in vita la compagine dei Valletti che scortano e ne sono la ricca cornice il Gonfalone di Prato, tenendo viva una popolare tradizione di cultura fatalmente destinata a cadere nell'oblio con l'evolversi dei tempi.
La presenza di queste figure ha subito continue variazioni fino ad essere, nel secolo XIX, tolta definitivamente.
Nel 1931 si decide di ricostituire questo assieme di personaggi in costume partendo da pochi elementi per poi incrementarne la consistenza numerica. Nel 1976 si è posto il problema del rinnovo degli abiti, ormai consunti irreparabilmente, e di correggere eventuali inesattezze storiche. La Giunta Municipale incaricò un gruppo di esperti di storia locale affinché prendesse visione, dettandone le eventuali modifiche, dei modelli che l'ufficio Cerimoniale del Comune aveva approntato dopo lunghe ricerche.
Si è proceduto poi, da parte del Consiglio comunale, alla stesura di un regolamento del Corpo dei Valletti, all'incarico ad una sartoria specializzata di confezionare i costumi e alla nomina di una Commissione permanente che sovrintende a questa antica rappresentanza.
Espletate tutte le complesse operazioni, il Comune di Prato presentò, la mattina dell'8 settembre 1980, il Corpo dei Valletti al completo rinnovato nei costumi e ampliato nelle figure.
La scelta di questo giorno non è casuale ma legata alla più significativa festa dell'anno: la Madonna della Fiera. Si ricorda, a questo proposito, che tutte le manifestazioni del settembre pratese, nascono dal fatto che l'ottavo giorno di settembre vedeva un grande raduno di popolo, per cui i mercanti si davano un gran daffare per esporre le proprie merci in vendita. Il più noto Segretario della Repubblica fiorentina, Niccolò Machiavelli, afferma che "non vi fu Fiera di Prato che non v'andassi".
Alla presentazione dei costumi del 1980 fu offerta ai cittadini una simpatica sorpresa, accolta con entusiasmo da tutti: l'apposizione del sigillo dell'antica comunità pratese, da parte dei fornai, su tutte le pezzature di pane prodotte quel giorno.
[1] Nello stesso periodo furono acquistate da Firenze: la tenuta di Mangona per 7750 fiorini - Sansepolcro per 25000 e Cortona per 60000.
MAESTRO DI CAMPO
Avuta sotto il proprio dominio la Terra di Prato, Firenze cominciò a preoccuparsi dell'efficienza delle fortificazioni facendo costruire il Cassero, lungo corridoio egregiamente protetto che collegava il Castello dell'imperatore alla terza cerchia muraria. Un castellano responsabile, sempre e comunque fiorentino, si aggiunse per la custodia della nuova struttura a quello già esistente nella fortezza federiciana.
I due uomini facevano capo ad un coordinatore della difesa chiamato Maestro di Campo. Questo personaggio lo troviamo fino al secolo XVIII, e sempre con gli stessi compiti, per curare l'organizzazione delle Bande granducali.
E' colui che comanda e dirige tutta la sfilata dei Valletti.
CARATTERISTICHE DEL COSTUME:
Ampia veste abbottonata davanti, tenuta stretta in vita da una cintura di cuoio con decorazioni in ottone, dalla quale pende un grosso pugnale con manico di avorio.Grande mantello a ruota con cappuccio, allacciato sulla spalla destra.In testa porta una buffa sopra alla cuffia di lino bianco.
CAPO DEI MUSICI
Considerato l'alto numero degli esecutori, questa è la figura che si trova sempre nelle grandi compagini dell'epoca; egli era il Maestro che continuava la propria attività anche al difuori dell'ufficialità allietando, con la propria bravura di strumentista, le famiglie nobili nei loro frequenti ricevimenti.
CARATTERISTICHE DEL COSTUME:
Ampia guarnaccia abbottonata ai lati con il bordo inferiore centinato, indossata sopra una corta veste.Mantellina centinata con cappuccio a cornetta - Chaperon - Cappello a “pan di zucchero” con il bordo rialzato dietro e allungato davanti a guisa di visiera.
TAMBURINI
Aggiuntisi più tardi, utilizzati per dare maggiore incisività alle marce militari - le quali erano soltanto un ammasso di soldataglie che a gruppi camminavano senza un minimo di disciplina - questi musici svolgevano un ruolo importante per la sonorità dei loro strumenti. E' ovvio che in quell'epoca i rumori udibili anche a distanza erano pochi: le campane, le trombe, i carretti che percorrevano le strade sconnesse e la voce umana; quindi in quegli ovattati ed irreali silenzi, il rullo dei tamburi era sempre un richiamo, non come oggi che anche il "bang" di un jet non fa più effetto e i decibel si sprecano.
Gli strumenti erano fondamentalmente divisi in due categorie: da concerto e da parata. Questi ultimi sono quelli che i Valletti utilizzano. Composti da un cilindro di legno con le basi chiuse da pelli di montone tirate con apposite corde; la percussione di una pelle così tesa provoca, per effetto di risonanza, la vibrazione anche dell'altra.
CARATTERISTICHE DEL COSTUME:
Corta veste centinata, mantellina come al Capo dei Musici, cappello a "pan di zucchero" bicolore.
Sette tamburini vestono i colori del Comune, gli altri otto hanno, a coppia, i colori dei Quartieri.
TAMBURINO QUARTIERE DI SAN MARCO
TAMBURINO QUARTIERE SANTA MARIA
TAMBURINO QUARTIERE SANTA TRINITA
TAMBURINO QUARTIERE SANTO STEFANO
TROMBETTI DI PALAZZO
Con questi personaggi si entra nel nucleo più antico della sfilata; essi erano utilizzati dal Comune ogni giorno, vi sono documenti che attestano anche la paga percepita. Il trombetto serviva per annunciare l'araldo il quale a sua volta informava il popolo sulle deliberazioni adottate, sulle proibizioni e su tutto quanto la civica amministrazione voleva rendere noto insomma: l’antico albo Pretorio.
Un impegno importante dei trombetti era quello di tenere dei concerti nelle piazze in occasione di feste religiose o di vittorie conseguite nelle frequentissime guerre; alcuni di essi erano quotati per la loro bravura, al punto di guadagnare più di quello che oggi è il "cachet" di un grande artista.
I Comuni più importanti della Toscana, Firenze, Siena, Lucca, ecc. mandavano ogni anno a Prato, per 1’8 settembre, un gruppo di trombetti che la sera precedente si esibivano nelle piazze e il giorno della festa accompagnavano i loro gonfaloni. In un documento del 1498 si ha l'elenco dei Municipi presenti e l'"argent de poche" liquidato ai suonatori: i trombetti fiorentini ricevevano il doppio degli altri.
CARATTERISTICHE DEL COSTUME:
Corta veste allacciata in vita da una cintura di cuoio naturale. Sopra la veste uno scapolare con l'insegna araldica del Comune. In testa una buffa rossa foderata in azzurro.
FANTI DI PALAZZO CON SERGENTE
Nel 1339 Prato arrivò al culmine dell'incremento demografico con ben 12500 abitanti all'interno della cerchia muraria; la peste del 1348 e l'emigrazione decimarono queste presenze. Un recupero si avrà solo nel 1500 con circa 10000 residenti. Questo per dimostrare che agli inizi del XIV secolo, motivi di tutela dell'ordine pubblico ve n'erano assai. Com'è noto il Capitano del Popolo era forestiero e, nell’atto di assumere l'incarico, recava appresso la propria "famiglia" comprendente tra l'altro gli armati che normalmente erano venticinque. Persone sceltissime e della massima fiducia, si facevano uccidere pur di proteggere il proprio padrone.
CARATTERISTICHE DEL COSTUME:
Sorcotto indossato sopra l'usbergo in maglia di ferro. Elmo a bacinetto al quale è stata sganciata la ventaglia che ricade sulle spalle.
Spadone sguainato per l'intervento immediato. Il Sergente dispone anche di una mazza ferrata quale segno di comando.
MAZZIERE
Questi uomini, eminenze grigie del potere costituito, non avevano una mansione specifica; erano, si, gli ufficiali più alti che comandavano i birri del Podestà, ma si occupavano anche di cose più frivole come quella di annunciare gli ospiti nei frequenti conviti che si tenevano nel Palazzo. Col passare degli anni questa figura ha perduto il suo valore fino ad essere affidata, nel '700, al più anziano dei donzelli. Oggi è solo decorativa.
CARATTERISTICHE DEL COSTUME:
Guarnaccia quadripartita molto ampia aperta ai lati, indossata sopra una corta veste stretta in vita da una cintura in cuoio.
In testa porta la buffa. La mazza è in noce naturale con testa scolpita e dorata a foglia d'oro.
CAPITANO DEL POPOLO
Le lotte per escludere la classe magnatizia dal potere hanno successo quando riescono, i popolani, ad eleggere il Consiglio degli Otto e il Capitano del Popolo. Questa emblematica figura che nel tempo si è mantenuta come un simbolo, è stata sostituita prima dal Podestà poi dal Sindaco, ma l’alto valore rappresentativo è ancora sentito dai cittadini legato com’è alla vita locale, senza distinzione politica.
Una interessante curiosità: se un magnate commetteva un reato, i popolani chiudevano i negozi finché non veniva emessa la sentenza di condanna. E' certamente uno dei più antichi esempi di solidarietà collettiva con relativo sciopero.
CARATTERISTICHE DEL COSTUME:
Ampio mantello a ruota foderato dì vaio, rovesciato sulle spalle in nodo tale da assumere l'aspetto di una mantellina.
Fermaglio in oro recante lo stemma del Comune; sotto il mantello ampia veste abbottonata sul davanti.
Cappello, sopra la cuffia, tipico delle persone di alto rango. Calzature in cuoio colorato e decorato in oro. Guanti di fine vitello.
CAPITANO DI PARTE GUELFA
Nuovo magistrato emerso dopo la definitiva caduta del partito imperiale nel 1267. 11 processo di lento passaggio del potere nelle mani del popolo partorì questi personaggi, sorti particolarmente per la tutela del dominio guelfo e per indennizzare gli esuli.
Il Comune di Prato lo troviamo continuamente nell'elenco delle grosse comunità civiche, le quali si costituivano in Lega per avere reciproci soccorsi militari in caso di aggressioni, a costo di gravi impegni finanziari per il mantenimento delle truppe.
Questa figura doveva essere di gradimento del clero, anche se non ufficialmente, per cui era indispensabile un giudizio di merito del Proposto della Pieve di S. Stefano, oggi Cattedrale e sede di Curia.
CARATTERISTICHE DEL COSTUME:
Sopra la veste indossa un lucco con ampie maniche rovesciate sulle braccia. Mantellina chaperon. I colori sono il verde e l'azzurro, mentre il Gonfaloniere di Giustizia e i Priori gli hanno rossi e azzurri. Di questi tre susseguenti personaggi, le caratteristiche del costume sono identiche.
GONFALONIERE DI GIUSTIZIA
Era parte importante e indispensabile della politica amministrativa del Governo comunale.Aggiuntosi agli Otto nel gennaio del 1294, fu destinato alla funzione dei diritti del popolo come un moderno difensore civico. Questo personaggio doveva essere di provata fede guelfa e cittadino pratese; ad esso si richiedeva di avere fatto parte, almeno per una volta, del Consiglio degli Otto.
CARATTERISTICHE DEL COSTUME:
Sopra la veste indossa un lucco con ampie maniche rovesciate sulle braccia, con l’aggiunta della mantellina chaperon e del cappuccio.
PRIORI
NOTAIO E DIFENSORE DI GIUSTIZIA
Figure apparentemente secondarie, ma che nella "Curia di Palazzo" non mancavano mai. Erano l'ossatura dell'edificio amministrativo e ad essi facevano ricorso tutti: dal Podestà ai semplici cittadini.
Il lavoro non gli mancava, tanto per le mille dispute che ogni giorno si accumulavano negli atti criminali, quanto per le continue rogatorie che si dovevano stendere a suggello di decisioni.
CARATTERISTICHE DEL COSTUME:
Sopra la veste vi è un lucco con ampie maniche rovesciate sulle braccia. Mantellina chaperon e cappuccio.
PORTA INSEGNA
Uno di essi ha la bandiera che rappresenta il simbolo del Comune libero; trattasi di un cavaliere dugentesco, tipicamente mariano, armato di tutto punto avente sullo scudo, sulla gualdrappa del cavallo e sul pennoncello, dei gigli d'oro in campo rosso. Di questa insegna esiste un antico sigillo ed una miniatura inserita in una poemata dedicata a Roberto d’Angiò da Ser Convenevole da Prato, maestro del Petrarca.
L'altra insegna, drappo rosso con gigli in oro, è successiva; se ne trova la descrizione in un documento del 1353 che, tra l'altro, recita: "…statuiamo che il Comune di Prato abbia armi proprie e siano le infrascritte: un campo vermiglio e gigli a oro, e che delle predette armi si facciano i vessilli, le bandiere e i pennoni del Comune…"
CARATTERISTICHE DEL COSTUME:
Sopra la corta veste indossa la pellanda foderata di vaio con maniche a commeo aperte. In testa la buffa a riccio che prelude al mazzocchio.
CUSTODI DEL GONFALONE
Complementari e simili ai porta-insegna, ma egualmente importanti, questi personaggi erano i nunzi del Comune chiamati, poi, donzelli.
Hanno il compito di portare il pesantissimo Gonfalone municipale durante le sfilate; questo simbolo della città ha il proprio alloggio nella Sala Maggiore del Palazzo comunale.
CARATTERISTICHE DEL COSTUME:
Veste con maniche a commeo chiuse e mantellina chaperon; speciale cintura con supporto atto all’ alloggiamento dell'asta del drappo.
RAPPRESENTANZE ARMATE DEI QUARTIERI
Furono istituite nel 1291 come Società del Popolo, milizie che vegliavano sull'ordine e la difesa della Terra. Avevano un proprio Gonfalone che veniva consegnato dal capitano del Popolo il giorno in cui esso assumeva questa carica. Alla presenza di tutti i popolani, i miliziani sfilavano in piazza del Comune con in testa i trombetti e i tamburi.
Ogni Quartiere disponeva di 300 fanti detti anche "sacrati" ed avevano le seguenti insegne:
Quartiere di Santo Stefano : Leone giallo in campo rosso
Quartiere di Santa Maria : Orso nero in campo giallo
Quartiere di Santa Trinità : Aquila rossa in campo bianco
Quartiere di San Marco : Drago verde in campo rosso
CARATTERISTICHE DEI COSTUMI
SPADONI DI SANTO STEFANO:
Elmo in metallo con salvagote, camaglio in pelle rossa con bordatura chiodata, giaccone intero di rete metallica, sottocorpetto in tela, cintura in cuoio sagomato e bullonato, spadone a due mani con lama grossa, calzamaglia gialla e rossa e scarponcelli degli stessi colori.
ALABARDIERI DI SANTA MARIA:
Elmo in metallo a larga tesa (bacinetto) decorato in pelle nera e gialla giaccone in pelle con guarnizione gialla e fondo nero chiodato, mezze maniche di rete metallica, gorgiera in metallo con camaglio di pelle gialla, cintura di cuoio bullonato, alabarda da parata, calzamaglia e scarponcelli merlati dei colori giallo e nero.
PICCHIERI DI SANTA TRINITA;
Elmo in metallo con criniera, gorgiera in rete metallica, giaccone in cuoio con guarnizioni, manica intera con sottocorpo in tela e grembiule in metallo a rete, cintura in cuoio bullonato, picca in legno con punta metallica, calzamaglia e scarponcelli merlati dei colori bianco e rosso.
BALESTRIERI DI SAN MARCO:
Elmo in metallo decorato di pelle verde e rossa, camaglio in rete metallica, giaccone in pelle con guarnizione rossa e fondo verde, mezze maniche di rete metallica, cintura in cuoio bullonato, balestra piccola con faretra di cuoio, calzamaglia e scarponcelli merlati di colore verde e rosso.
Il Pegaso 1981 dello scultore Lando Landi
Nel 1981 il presidente della Regione Toscana, Mario Leone, assegnò ad Alessandro Assirelli la scultura «Il Pegaso», quale riconoscimento per avere ricostituito i costumi della rappresentanza storica della città di Prato più nota come Valletti Comunali.
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