Prato, l'Eccidio della fortezza

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  Eccidio al Castello dell'Imperatore

7 settembre 1944



Fonti: La Nazione,29 giugno 2008
 

LA GUERRA CIVILE
Il sangue della vendetta
Settembre 1944, l'eccidio della Fortezza: obiettivo uccidere i fascisti

(La Nazione,29 giugno 2008)
 di Franco Riccomini 

IL CONSIGLIERE regionale Ambra Giorgi, in occasione dell'inaugurazione alla Casa del Combattente della mostra documentaria "Casa della memoria di guerra per la pace",  aveva sottolineato che lo scopo dell'iniziativa era quello di farne un laboratorio di ricerca con testimonianze, memorie laceranti della guerra per arrivare a una comunità pacificata nel rispetto e nella dignità di tutti. Sileno Desideri, in linea con questa volontà, ha inviato all'Associazione Combattenti e Reduci e al nostro giornale, una testimonianza circostanziata dal titolo "Storia di un massacro: 7 settembre 1944. L'eccidio della Fortezza", un episodio dei primi giorni della liberazione della città sconosciuto, come altri, alla maggior parte dei cittadini e — dopo un lungo periodo di colpevole silenzio — egli intende riportarlo alla memoria. "Dopo — afferma testualmente — anni di inquinamento resistenziale dobbiamo ricordarlo per creare nei cittadini un senso di umana pietà e per sottolineare che la memoria  non deve perdersi nel tempo, ma deve rafforzarsi e accompagnarci verso i sentieri della verità e della giustizia".L'evento di cui si parla, accompagnato e seguito da altri, avvenne il giorno dopo l'arrivo a Prato degli americani, il 7 settembre,quando i partigiani, usciti dai conventi e dai nascondigli, dai sotterranei della clandestinità, uscirono all'aperto e si dichiarano "liberatori della città".Ma i festeggiamenti per l'ottenuta libertà non ebbero luogo: vi furono invece rastrellamenti da parte dei partigiani o di chi si professava tale e si assistette ad una carneficina degli ex fascisti o presunti , tali che vennero sommariamente giustiziati: l'odio e la vendetta ritmarono la mano degli esecutori. Ed ecco il racconto del Desideri sui fatti, dietro anche la testimonianza di Renzo Tonfoni allora diciassettenne (oggi deceduto) che assistette alla scena in cui gli arrestati venivano condotti nel Castello dell'Imperatore scelto come Tribunale del Popolo, fatti raccontati nel 1994 in maniera sommaria ad un giornale. Giudicati colpevoli venivano fatti uscire e qualcuno all'esterno li uccideva a colpi di moschetto: sette i giustiziati ma in altre parti della città venivano uccise una sessantina di persone, impiegati e operai che avevano aderito al Fascismo e si tra essi il Commissario Prefettizio Rosario Ardizzone e il maresciallo dei carabinieri Giuseppe Vivo. Desideri ne fa un preciso elenco tratto dal registro comunale delle denunce di morte: tutti risultano deceduti per ferite di armi da fuoco. Fra gli esecutori del massacro, specie quello della Fortezza, furono rinviati a giudizio dieci persone, poi tutte assolte per insufficienza di prove ad eccezione di Marcello Tofani detto "Tantana", sicuramente il più crudele esecutore che aveva agito, come affermava, per spirito di vendetta perché i fascisti gli avevano ucciso il fratello, seviziandolo, impiccandolo e dandogli poi fuoco. Una lunga vicenda processuale quella a suo carico. Tantana intanto aveva richiesto la tessera del Pci che gli era stata rifiutata e solo più tardi l'ottenne per intercessione di un giovane segretario di sezione. A conclusione delle varie fasi processuali, con  sentenza del 27 marzo 1953, la corte di Assise di Firenze lo condannava a diciotto anni di reclusione per l'assassinio del maresciallo Vivo condonando tredici anni della pena inflitta. Ma rimase poco in carcere perché beneficiò dell’amnistia di Togliatti allora ministro della Giustizia (il pretesto fu quello  di placare gli animi ma - afferma ancora Desideri- fu emanato principalmente per liberare i partigiani che “ avevano lottato contro il fascismo”) Tantana  morirà poi nel bolognese, dove si era trasferito,il 22 giugno del 1986. Ma la testimonianza del Tonfani non fu la sola: Desideri ricorda anche quella dell’arcivescovo della Basilica delle Carceri don Franco Franchi, testimone oculare del massacro che scrisse in una relazione al vescovo di aver visto fucilare davanti a lui dodici persone "senza che nessuno sia intervenuto per far terminare la carneficina";e quella di monsignor Francesco Piccardi Rettore del Seminario che parlò di vendette personali dando luogo ad una pagina vergognosa e truce della storia locale. E infine monsignor Eugenio Fantaccini che ribadisce che quella fu una giornata obbrobriosa per la storia cittadina. "Per anni, aveva raccontato Tonfani, ho detto ad amici e conoscenti quel che avevo visto...- ma niente, facevano tutti finta di non capire". E l'ora della verità, come ormai da tempo fortunatamente avviene, che le nefandezze tornano a galla da qualsiasi parte vengano. La testimonianza di Desideri ne è un esempio e diventa storia da registrare.
Fonti: La Nazione, 29 giugno 2008


Maggiori approfondimenti : Comune di Prato "I fatti della Fortezza.Prato, 7 settembre 1944. Atti del Convegno.Lucia Pecorario.2012.  

Su Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Eccidio_del_Castello_dell'Imperatore  


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