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La Sfera del complesso di San Lorenzo a Firenze
LA SFERA DEL COMPLESSO DI SAN LORENZO A FIRENZE
Di Claudia Cinquemani
“Sappi che tutto il mondo è uno specchio...”
Mahamud Shabestari-Sufi XIII sec.
Pochi giorni fa, dopo molti anni,sono finalmente tornata a visitare il Complesso di San Lorenzo a Firenze. Da appassionata di simboli e di geometria sacra,oltre alle straordinarie meraviglie che la grande struttura architettonica custodisce, la mia attenzione è stata attratta da un oggetto in rame dorato. Si tratta del coronamento della lanterna che orna la cupola della Sagrestia Nuova :ambiente che ospita le Cappelle Medicee realizzate da Michelangelo Buonarroti. L' oggetto e' stato rimosso dalla sua sede per essere restaurato ed in seguito è stato collocato nel vano sinistro adiacente alla piccola absidiola della Sagrestia perché potesse essere osservato dai visitatori. In genere, a coronare le lanterne od i campanili,erano posti dei globi sormontati da croce,ma quest'oggetto è diverso e cela interessanti particolarità. La Sagrestia Nuova venne ideata da Michelangelo Buonarroti su commissione di Leone X figlio di Lorenzo il Magnifico,con quegli elementi architettonici e scultorei fortemente simbolici ed allegorici che ancora oggi possiamo ammirare. Il progetto fu straordinario nonostante il suo mancato compimento secondo il volere di Michelangelo, a causa delle vicende politiche che intercorsero durante i lavori ed il successivo trasferimento a Roma del grande scultore. Anche il coronamento della lanterna venne realizzato da Michelangelo, mentre la realizzazione in rame dorato fu affidata all'orafo fiorentino Giovanni da Baldassarre detto il “Piloto”.
L' opera è caratterizzata da un poliedro dodecaedrico costituito da 60 facce triangolari che vanno a definire 12 facce pentagonali. Il dodecaedro ideato da Michelangelo appare molto simile a quello disegnato da Leonardo Da Vinci e fu studiato e rappresentato anche da Luca Pacioli nella sua “De Divina Proportione”. L' oggetto scultoreo nella sua completezza risulta essere formato dal dodecaedro sormontato da una croce e sostenuto da una corona di alloro dalla quale si diparte un mezzo cono. Su quest'ultimo sono saldate otto fasce che terminano con otto facce leonine dalle diverse espressioni. Una concentrazione così alta di valenza simbolica non poteva lasciarmi indifferente e quindi ho provato a ricercarne le ragioni e forse anche qualcosa oltre la razionalità.
La croce che sovrasta l' opera è il più universale tra tutti i simboli, legato all'uomo e al Divino, alle quattro direzioni che si dipartono dal punto origine di tutto. E' direzione dei quattro fiumi del Paradiso biblico che del resto erano presenti, sotto forma di sculture nell'originario progetto di Michelangelo, per il complesso scultoreo della Sacrestia Nuova. E' Asse del Mondo come collegamento tra terra e cielo e simbolo della Passione di Cristo. Nella Mistica alchemica è elemento di meditazione verso il Sé profondo rappresentato dal centro della croce.
Il dodecaedro è un solido regolare che ha per superficie 12 pentagoni regolari uguali fra di loro. Se si tracciano le diagonali di ognuna di queste facce, si ottiene il cubo inscritto nel dodecaedro. Lo spigolo del dodecaedro è anche il lato di ognuna delle facce pentagonali regolari, quindi è anche la parte aurea della diagonale di ognuna di queste facce .Esistono 5 poliedri di questo tipo: il tetraedro, il cubo, l’ottaedro, il dodecaedro e l’icosaedro. Questi solidi si chiamano platonici perché Platone (IV sec. a.C.), nella sua opera Timeo, associò ad ognuno di essi un elemento: al tetraedro il fuoco, al cubo la terra, all’ottaedro l’aria, all’icosaedro l’acqua, mentre ritenne che il dodecaedro fosse la forma dell’Universo.
Precisamente Platone scrisse che “Dio se ne servì per decorare l' Universo”. Interessante ciò che il filosofo scrisse nel “Fedone”,immaginando Socrate tenere un discorso nell'atto di bere la cicuta:”Sparse su tutta la Terra vi sono cavità di ogni specie, per forma e per grandezza, nelle quali si raccolgono l'acqua, la nebbia e l'aria. Ma la Terra vera e propria si libra pura nel Cielo limpido, dove sono gli Astri, in quella parte chiamata Etere da coloro che sogliono discutere di queste cose, e ciò che confluisce continuamente nelle cavità terrestri non è che un suo sedimento. …...Ecco, amico mio, per prima cosa si dice che questa vera Terra, a chi la guardi dall'alto, appare come una di quelle nostre palle di cuoio, divise in dodici spicchi, dai colori diversi, a cui somigliano appena quelli che di solito usano quaggiù i pittori. E si dice che quella Terra lassù, è tutta dipinta con questi colori, ma molto più “.
Questa concezione della terra come un dodecaedro è stata ripresa recentemente sia da parte di scienziati che di cultori di geometria sacra ed è accennata nell'approfondimento a conclusione di questo articolo. In realtà questi solidi erano già noti almeno in parte: lo studio del cubo, della piramide (tetraedro) e del dodecaedro vengono attribuiti ai Pitagorici (VI sec. a.C.), mentre la scoperta dell’ottaedro e dell’icosaedro viene attribuita a Teeteto. La teoria dei cinque poliedri regolari è dimostrata poi, in maniera razionale ed esauriente fin dal III sec. a. C.in particolare nel 13° e ultimo libro degli Elementi di Euclide il quale illustra anche, nel libro VI della stessa opera,il numero irrazionale “phi”, corrispondente al rapporto aureo presente nel Dodecaedro e nell’Icosaedro . Nel Rinascimento, con la riscoperta della filosofia platonica, riprende lo studio dei poliedri da parte di matematici, pittori e scultori. Piero della Francesca (1416/17-1492) nel suo “De quinque corporibus regolaris” si occupa dei cinque solidi platonici, anche se ne parla in termini artistici e non matematici; egli sostiene che qualsiasi corpo naturale, all’apparenza complesso e senza forma, è in realtà riconducibile a questi cinque poliedri regolari. Luca Pacioli (1471-1514), studente di Piero della Francesca, traduce in volgare l’opera del maestro nel suo “De Divina Proportione", pubblicato a Venezia 1509. L’intera seconda parte della sua opera è dedicata ai solidi platonici e al loro legame con la sezione aurea. Pacioli era affascinato dal rapporto aureo senza il quale “…moltissime cose de admiratione dignissime in philosophia, nè in alcun altra scientia mai a luce poterono pervenire” , sostenendo inoltre che: "Poichè Dio portò in essere la virtù celestiale, la quinta essenza, e attraverso di essa creò i quattro solidi ... la terra, l'aria, l'acqua e il fuoco ... così la nostra sacra proporzione diede forma al cielo stesso assegnando al dodecaedro ... il solido costruito con dodici pentagoni, che non può essere costruito senza la nostra sacra proporzione."
Leonardo da Vinci, dedusse ed elaborò una serie di diagrammi di solidi regolari tramite rappresentazioni tridimensionale e prospettiche dei poliedri, sia nella versione “solida” che in quella “vacua”, presentandoli sospesi a un sottile nastro e sormontati da un cartellino contenente il nome in lettere capitali romane. Gli originali di tali illustrazioni sono oggi perduti, benché Pacioli li avesse conservati con cura. Di esse rimangono le copie del manoscritto e delle versioni a stampa. Il dodecaedro iniziò a rappresentare fin dal Rinascimento, l' etere o “Quintessenza” come concetto di forza vitale ed immortalità ma anche come mezzo attraverso il quale si propagava la luce nell' Universo. L' etere non è attualmente accettato dalla scienza anche se la fisica teorica lo ha assimilato al concetto di “energia del punto zero”.Durante degli scavi archeologici presso insediamenti romani del centro e nord Europa,sono stati ritrovati alcuni oggetti cavi in bronzo o in pietra, composti da dodici facce pentagonali piane, ciascuna con un foro circolare di 8 centimenti al centro e delle dimensioni complessive di circa 11 cm al massimo. Essi sono stati denominati “Dodecaedri Romani” e si stima risalgano al II o III secolo d.C. I misteriosi reperti sono stati rinvenuti in ogni parte dell’Europa: dal Galles all’Ungheria, dall’Italia alla Germania. Attualmente, tra collezioni private e musei, si conservano circa un centinaio di dodecaedri. La funzione e l’utilizzo del dodecaedro romano rimangono un mistero e tutti i tentativi di risolvere l’enigma sono andati a vuoto, anche perché non sono menzionati in nessun resoconto, cronaca o immagine dell’epoca romana. Sono state avanzate le più svariate ipotesi sull’utilizzo e le riporto fedelmente negli approfondimenti. Una in particolare risulta essere interessante:quella che li vede come uno strumento di calcolo agricolo.
La corona di alloro che si trova al di sotto del dodecaedro di San Lorenzo a Firenze,è un simbolo che rimanda al culto del sole. Qui la ritroviamo “fasciata” a nastro incrociato a significare l' unione della genìa medicea e la sua valenza solare. La sua posizione di “sostegno” al poliedro e la forma a ciambella toroidale mi ha ricordato molto gli studi sul “mazzocchio” svolti da Leonardo Da Vinci e cari a Paolo Uccello. Una scultura di Ben Jakober e Yannick Vu ispirata a questa forma virtuosa,si trova a Prato presso Porta Frascati.
Dalla corona si diparte un mezzo cono al quale è saldata una raggiera di otto fasce che si concludono con otto teste leonine.
Esse simboleggiano da un lato la città (il Marzocco), ma anche il nome di Leone X, primo Papa mediceo e quindi strettamente legate alla grande famiglia fiorentina. Ogni leone ha un' espressione diversa che penso di riconoscere nel ciclo apparente del sole. Il numero di otto si ripete nelle otto porte vere e false della Sacrestia Nuova e nei lati della Cappella dei Principi. L' otto come in Castel Del Monte e nella Basilica di Collemaggio ha una valenza simbolica importantissima e qui noto una lettura speciale. Quando racconto della valenza dei simboli, sottolineo spesso l' importanza di osservare da prospettive diverse. Così immagino di guardare dal cielo e riesco a vedere con occhi nuovi. Vedo le otto fasce come otto raggi e forse suggestionata dalla vicinanza con la scultura michelangiolesca della Notte che reca sulla fronte la stella ad otto punte, la paragono proprio a quest'ultima. Le fasce, osservate dall'alto formano una stella ad otto punte con ogni punta che si conclude con la testa leonina. Parrebbe,vista dall'alto,la fusione tra energia maschile e femminile;una specie di “coniugatio cosmica” dei principi Yin e Yang. Questa immaginaria stella che anche Papa Francesco ha voluto nel suo stemma al posto di quella a cinque punte scelta all' atto della sua elezione al soglio pontificio, è attributo della Dea, di Ishtar, il cui culto era diffuso in area mesopotamica, ma anche di tutte le divinità femminili corrispondenti, come Asherah ,Astarthe, Iside, Afrodite e Venere. Ricorda anche la Ruota ad otto Raggi che compare nelle civiltà sotto diverse forme: "Ruota della Vita" o "Ruota dei Chakra".
Cercando di dare una lettura complessiva dell'opera potrei definire la stessa come “intercettore armonico”. Esiste una “tensione” insita nelle forme che seguono la geometria armonica. Tale tensione è stata chiamata “Potere della Forma”. Si tratta della capacità da parte di forme strutturate secondo proporzioni auree ,di manipolare l' energia dello spazio locale. Tali forme strutturate emanerebbero onde di forma mettendo in evidenza un Campo entro quale agiscono.
Seguendo tali ipotesi immagino il dodecaedro creare movimenti che seguono le spirali auree insite nelle facce pentagonali che, come un gorgo, vanno a scorrere nella ciambella toroidale della corona di alloro per poi “scaricare” verso gli otto raggi che si concludono con le teste leonine a protezione di quelle egregie spoglie mortali che sono custodite all'interno della Sagrestia. La croce servirebbe da antenna ricettrice ed al tempo stesso da scarico dell'energia in eccesso. Tutto ciò non credo sia mai stato nelle intenzioni del progettista che avrebbe forse soltanto realizzato, nella maniera più armonica possibile, un coronamento visibile da tutti e splendente ai raggi del Sole. In qualunque modo la si voglia intendere, rimane un messaggio invisibile ai più,che si trova racchiuso in questo bellissimo oggetto. E' la Bellezza che appaga gli sguardi più inconsapevoli e che da sempre si cela nelle proporzioni armoniche tanto care agli Antichi Sapienti.
Approfondimenti
La concezione della Terra come un dodecaedro si basa su una premessa relativamente semplice: il dodecaedro è il poliedro che più si avvicina alla sfera e che ha gli angoli meno acuti, cosa che permette di curvarlo senza quasi causare deformazioni. Se fosse elastico e gonfiassimo le sue superfici curve, appoggiate in una sfera, la dividerebbero in dodici parti formate da pentagoni curvi. Le linee che separano tali facce, equivalenti agli spigoli del dodecaedro a facce piane, in questo caso si prolungano, formando quindici circoli massimi che circondano la sfera.
Il doppio penta-dodecaedro è così descritto dall’autore Joseph R. Jochmans nel libro “Terra: un Pianeta di Cristallo”: Se prendete un icosaedro ed unite internamente con delle linee i centri delle sue 20 facce, avrete 12 pentagoni (o pentacoli, cioè stelle a 5 punte) inscritti all’interno. Se estendete gli spigoli esterni dell’icosaedro ed unite assieme questi punti nodali, avrete un secondo gruppo di 12 pentagoni. Questa è la forma base da cui nasce la nuova matrice cristallina a forma di doppio penta-dodecaedro, composto da 12 doppi pentacoli ugualmente distribuiti su tutta la superficie del globo.” Per spiegare la scarsa intensità delle fluttuazioni primordiali, invece, Jean-Pierre Luminet dell' Osservatorio di Parigi ha ipotizzato che il cosmo abbia la forma di un dodecaedro, un solido con dodici facce pentagonali. Essendo un solido finito, l'universo avrebbe perciò una dimensione limitata, quindi ci sarebbe un limite alla scala massima su cui si registrano le fluttuazioni di temperatura, e questo spiegherebbe le misure effettuate sui dati di Wmap. La teoria di Luminet, però, implica anche che la luce proveniente dal Big Bang giunga a noi sia in linea retta, sia dopo aver attraversato una delle facce del dodecaedro ed essere riapparsa su quella opposta dopo aver circumnavigato l'universo. Nella radiazione cosmica di fondo si dovrebbero dunque osservare le stesse fluttuazioni di temperatura da direzioni opposte. La ricerca di queste "copie fantasma" si è però rivelata infruttuosa e la teoria dell'universo a dodecaedro è stata abbandonata.
Esiste poi una teoria che prende spunto dall' accrescimento dei cristalli a formare l' habitus di essi.Si tratta dell' ipotesi della Griglia Cristallina 144. Si tratterebbe di un reticolo energetico super-dimensionale che ricopre il pianeta Terra. Ospita ed interconnette i maggiori portali e vortici energetici attraverso cui fluiscono sul globo le forze cosmiche dalle dimensioni superiori. Tale teoria vanta credito in alcuni ambiti dell' attuale new age e nell' ufologia. Trae spunto dalla teoria del doppio penta-dodecaedro, così descritto dall’autore Joseph R. Jochmans nel libro “Terra: un Pianeta di Cristallo”: Se prendete un icosaedro ed unite internamente con delle linee i centri delle sue 20 facce, avrete 12 pentagoni (o pentacoli, cioè stelle a 5 punte) inscritti all’interno. Se estendete gli spigoli esterni dell’icosaedro ed unite assieme questi punti nodali, avrete un secondo gruppo di 12 pentagoni. Questa è la forma base da cui nasce la nuova matrice cristallina a forma di doppio penta-dodecaedro, composto da 12 doppi pentacoli ugualmente distribuiti su tutta la superficie del globo.”
La principale funzione della Griglia Cristallina,sarebbe quella di ospitare portali geograficamente e magneticamente allineati a specifici punti del Cosmo, che sono come inserti diamantini nell’abito di Gaia. Le sue proprietà vibrazionali ed elettromagnetiche permetterebbero l’afflusso regolato di una nuova e più pura forma di luce/energia/coscienza che va a sovrapporsi alla nostra realtà energetica preesistente. Sarebbe quindi il deposito dell’intera conoscenza del pianeta. Essa accoglierebbe i modelli energetici della Nuova Terra: sincronizzando i nostri pensieri e le intenzioni del nostro cuore con la griglia, creeremo una frequenza armonica che ci connetterà collettivamente in un campo di forza unificato. Realizzando la fusione con la coscienza della matrice cristallina, è possibile raggiungere il proprio più alto potenziale umano. Chi sia consapevolmente connesso alla griglia, diventa un potente ricevitore e trasmettitore delle più alte frequenze di luce: può accogliere l’energia ascensionale trasformativa nel suo campo aurico e dirigerla poi verso certe persone, eventi o luoghi.
Ipotesi militare del Dodecaedro Romano
Una recente ipotesi è stata avanzata da John Ladd, un ingegnere in pensione, secondo il quale il dodecaedro era utilizzato dai romani per definire la geometria ottimale delle loro armi. Secondo l’ipotesi di Ladd, il dodecaedro veniva immerso in un fluido, al fine di migliorare la progettazione e la fabbricazione dei proiettili per le fionde. Secondo la complessa teoria dell’ingegnere, grazie alla Spinta di Archimede, i romani erano in grado di determinare la deviazione della traiettoria dei proiettili. Va detto, però, che non sempre i dodecaedri sono stati rinvenuti in siti militari o campi di battaglia. L’ipotesi non tiene conto che gli oggetti sono stati trovati anche nei pressi di semplici abitazioni.
Ipotesi di Gioco
Strumento di divinazione o utilizzo come dado da gioco.
Ipotesi astronomica
Nonostante la storiografia non ci consegni una grande passione, da parte dei romani, per i moti celesti e l’osservazione astronomica, qualcuno ha ipotizzato il contrario. Nel 2010, Sjra Wagemans, della DSM Research, ha proposto una nuova teoria che assegna una funzione astronomica a questi oggetti. Wagemans ha usato una copia di bronzo di un dodecaedro per vedere se era possibile determinare gli equinozi di primavera e in autunno. Secondo Wagemans, il dodecaedro è un oggetto legato al ciclo agricolo, sofisticato e semplice al tempo stesso. Esso era usato per determinare senza un calendario, il periodo più adatto durante l’autunno per la semina del grano.Ed avere un buon raccolto era di vitale importanza per le legioni romane situate in regioni lontane da Roma. Ciò che è notevole è che Wagemans abbia usato un approccio sperimentale, nel testare il dispositivo su un periodo di alcuni anni e in diversi posti a diverse latitudini.
Ipotesi di calcolo agricolo
Ricerca di Amelia Carolina Sparavigna, Dipartimento di Scienza Applicata e Tecnologia, Politecnico di Torino.”Qui di seguito, spiegherò come questo dodecaedro romano può diventare uno strumento per misurare le distanze, che funziona con l’ottica geometrica e la similitudine dei triangoli. Esso è un telemetro e quindi può essere considerato come una versione antica del nostro moderno teodolite (come pare avesse proposto nel 1957 un ingegnere, Friedrich Kurzweil, appassionato di archeologia). Possiamo anche immaginarne un uso per valutare la distanza di un bersaglio e scegliere la giusta tensione delle corde delle baliste. Probabilmente il dodecaedro romano è un’invenzione del secondo secolo e quindi non poteva essere descritta da Vitruvio, lo scrittore latino che ci ha tramandato molte dettagliate descrizioni degli armamenti romani, scrittore che è vissuto nel primo secolo a.C. L’ipotesi dell’uso dei dodecaedri per il rilevamento è più concreta di quelle che li vedono come dadi o bocce. Inoltre l’articolo al Riferimento 10 ci dice che il dodecaedro è stato trovato in un sito insieme ad una bilancia, sito che era la casa di un commerciante di preziosi. Può essere che il commerciante, oltre a pietre preziose, vendesse anche strumenti di misura come bilance e dodecaedri. Dato che le dimensioni dei dodecaedri sono abbastanza variabili, nuovi studi sono necessari per sottoporre a indagine altri modelli”. Sul web la ricerca completa all' indirizzo :http://philica.com/display_article.php?article_id=460
Crediti
Antologia della Divina Proporzione- Ed. Aboca
http://www.prontogeometra.it/
http://www.equilibriarte.net/
http://soscollemaggio.com/
http://www.angolohermes.com/
http://www.ilnavigatorecurioso.it/
http://www.pratosfera.com/
http://philica.com
Biografia Autrice
Nasce a Grosseto il 30 Agosto del 1965.Dopo il conseguimento del diploma Magistrale si dedica agli studi naturalistici ed informatici. Lavora come grafica pubblicitaria e dopo il trasferimento fuori dalla maremma,si dedica al restauro e alla decorazione trompe l’oeil realizzando murales di grande effetto scenografico per ambienti pubblici e privati. Ritrattista e pittrice dell' inconscio e del mondo esoterico è tornata a vivere in Maremma.Realizza complementi d'arredo e gioielli armonici con il marchio Creazioni Sothis Arte. Compie ricerche legate alla Geometria Sacra di antichi luoghi di culto e si interessa di simbologia ermetica ed iconografia medioevale. Studia e sperimenta tramite l' arte armonica forme di realtà percettiva connesse alla fisica quantistica ed alla noetica. Svolge seminari sul riequilibrio interiore tramite la pittura, il colore e le forme armoniche. Autrice dei libri “La Luce della Dea-Viaggio tra Lamula e dintorni”e "Guida alla Maremma Insolita e Misteriosa" collabora con siti web varie riviste di settore.
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