Racconto di Paolo Tommasi: Ricordi e considerazioni di un pratese classe "38

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RICORDI E CONSIDERAZIONI
DI UN PRATESE CLASSE "38
 
 
Premesso che sono nato a Prato nel 1938, ho sempre pensato che per me, scrittore dilettante e senza credenziali, raccontare di Prato fosse superfluo, visto che è già stato scritto così tanto da parte di ben più autorevoli fonti. Io cos'altro avrei potuto aggiungere?
Così, nel corso della vita ho sempre rimandato, anzi, accantonato l'idea di scrivere le mie... memorie di pratese. Arrivato agli anni "anta" probabilmente dovuto al fatto che sono in pensione e ho più tempo per pensare, tanti ricordi lontani, addirittura dei primi anni di vita, mi stanno tornando alla mente, perciò cerco di ricostruirli come in un puzzle. Il fatto è che come i sogni, anche i ricordi svaniscono così ho preso l'abitudine di trascriverli al più presto prima che si dissolvano di nuovo.
Molti dei miei ricordi d'infanzia, per forza di cose, sono legati alla seconda guerra mondiale che dal 1943 al'45 imperversò su tutta l'Italia. Anche Prato ne ebbe la sua parte e ne risentì pesantemente. Come tanti flash, frammenti di ricordi riemergono come, ad esempio, i bombardamenti aerei che si susseguivano giorno dopo giorno. Il rumore delle fortezze volanti in formazioni compatte che oscuravano il cielo, quelle centinaia di potenti motori che rombando all'unisono formavano un boato cupo, foriero di sciagure che unito al lugubre suono delle sirene d'allarme faceva accapponare la pelle. Io rimanevo ad osservare come ipnotizzato prima di essere trascinato di corsa verso un rifugio antiaereo. Ero anche molto attratto dalla luce dei Bengala lanciati dagli aerei di notte, che, illuminando le zone da bombardare, permettevano ai puntatori una maggiore precisione nel colpire gli obbiettivi. Il tutto per rendere più difficile la vita ai tedeschi in ritirata e per agevolare la strada alle truppe di terra alleate. A dire il vero, oltre a spianare il percorso agli alleati, spianavano al suono anche Prato! Facevano proprio "tabula rasa"! ( le bombe intelligenti -si fa per dire- dovevano ancora inventarle) ho ancora vivo il ricordo di tutta quella distruzione: ogni volta che uscivamo dai rifugi dopo il cessato allarme trovavamo la nostra Prato sempre più distrutta. Con il passa parola riuscivamo a sapere in tempo reale l'ammontare dei danni: hanno bombardato il ponte Mercatale! Hanno raso al suolo la stazione! E così via. Una bomba, ricordo, esplose in un campo a non più di cento metri da casa mia facendo un enorme cratere. Il fatto è che non riuscivo a comprendere il concetto di come stavano le cose. Sentivo parlare degli "alleati" che venivano a liberarci dai tedeschi. Ma alleati di chi? "quelli" stavano distruggendo tutto! Le bombe non facevano distinzioni fra italiani o tedeschi, tra civili e militari. Mi domandavo, nella mia piccola mente che senso avesse tutto ciò. Se non ci fosse una maniera meno devastante per risolvere la questione, qualunque fosse. Già a quel' età mi pareva assurdo che l'uomo arrivasse a uccidere i propri simili con una tale... disinvoltura. Non riuscivo ad immaginare nessun motivo plausibile che potesse giustificare tutto ciò. Evidentemente gli adulti avevano più immaginazione di me.
Finalmente la guerra finì e ai pratesi non rimase che rimboccarsi le maniche e ricominciare da capo. Lentamente l'industria tessile, che era stata e che sarebbe ritornata il nostro fiore all'occhiello, ricominciò a funzionare e per dirla con una delle fonti autorevoli sopra citate, Curzio Malaparte, tutta la storia del mondo ricominciò a confluire a Prato sotto forma di valle di stracci. Stracci, che una volta rigenerati servivano da materia prima per produrre il "cardato", il tipico tessuto di panno. Inevitabilmente con il tempo il tessile pratese si è dovuto adeguare alle nuove esigenze di mercato per produrre filati e tessuti sempre più sofisticati e direi che c'è riuscito alla grande fino a diventare una delle punte di diamante del settore. Oggi purtroppo non è più così. Anche Prato, come il resto del mondo occidentale, risente della crisi che attanaglia tutte le categorie. E nonostante ci aggrappiamo tenacemente allo slogan coniato per l'occasione, "Prato non deve chiudere": Prato chiude, eccome! Non passa giorno che uno stabilimento cessi l'attività.
A questo punto però mi sorge spontaneo fare una considerazione: come mai ci preoccupiamo tanto delle sorti dell'occidente dove, tutto sommato anche nelle case dei meno abbienti c'è tanto superfluo che in casi limite può servire come zavorra da gettare nel caso la "navicella" non ce la facesse proprio a sollevarsi, mentre nessuno si preoccupa di intere nazioni, se non addirittura continenti dove, oltre a non avere il superfluo, non hanno nemmeno il necessario. Ogni cinque secondi nel mondo, un bambino muore di fame! E non sono bambini occidentali. Ecco, è questo che mi lascia a dir poco, perplesso.
Ritornando a Prato, certo, durante la guerra e nell'immediato dopoguerra la fame l'abbiamo sofferta in molti. Però anche in quei momenti carestia e per forza di cose vegetariani, riuscivamo a metterli insieme, oggi giorno, nonostante il tenore di vita medio, che se ne dica, ci permetta una certa agiatezza supportata da ogni sorta di elettrodomestici, ci sono ancora tanti anziani che, riferendosi agli anni "50 si lamentano asserendo che: "si stava meglio quando si stava peggio". Mi rendo conto che può sembrare un contro senso ma sotto certi aspetti è proprio così. È vero, avevamo una gran miseria, salvo eccezioni. Il fatto è che lo davamo per scontato anche perché non avevamo tanti punti di riferimento. Riuscivamo a vivere dignitosamente contentandoci del necessario. Già acquistare un giornale era una spesa eccessiva. Un apparecchio radio un lusso per pochi e la televisione fantascienza. Insomma: si viveva in una sorta di beata ignoranza. Eravamo assidui fruitori dei vari cinema che ci permettevano di informarci attraverso i documentari che proiettavano oltre il film in programma, l'unica evasione concessa alla fantasia. C'erano i fumetti di quale ero un accanito lettore, i fotoromanzi, antesignani delle moderne soap-opere. Per diverso tempo imperversò anche la passione per la raccolta delle figurine degli animali. Una vera e propria mania collettiva coltivata anche dagli adulti. La verità è che non eravamo ancora così snaturati come adesso. Apprezzavamo e riuscivamo a gioire di tante piccole cose che a raccontarlo oggi rischiamo di passare per mitomani. Ma sopratutto c'era Prato, la nostra vecchia Prato che non c'è più.
A questo punto, essendo nel frattempo diventato anziano anche io, sento di potermi unire al coro e convenire senz'altro che:ebbene si! SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA PEGGIO!

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