Fiaschi Florido 87° Squadriglia Aerea

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Fiaschi Florido

Marconista dell’87° squadriglia aerea

L' Aereo Caproni Ca.313


La storia che vi raccontiamo è quella di un giovane di Poggio a Caiano che all’età di 20 anni durante il periodo bellico ha eseguito numerosissime azioni di ricognizione e di Guerra come aviatore marconista volando con la gloriosa 87° squadriglia aerea con cui Gabriele D’Annunzio molti anni prima il 9 agosto 1918 compì la straordinaria impresa di volo di 1000 chilometri per lanciare volantini patriottici nel cielo di Vienna. 

   Oggi Fiaschi Florido è un simpaticissimo personaggio di 91 anni ancora molto in gamba, che ci ha accolti nella sua abitazione per descriverci la sua storia e le sue avventure di quel periodo difficile e pericoloso, ritenendosi un uomo fortunato di potercelo raccontare.


Fiaschi Florido

“ Sono nato il 16 febbraio 1920 a Poggio a Caiano dove ho vissuto dagli anni della mia infanzia e della mia giovinezza, fino a quando mi sono sposato, andando poi ad abitare a Prato per 37 anni, facendo il costruttore edile. In seguito sono tornato al mio paese d’origine.
La mia passione è stata sempre il volo e in particolare volevo fare il marconista.Dopo aver fatto domanda per essere ammesso in aviazione a 20 anni fui chiamato a partecipare ai corsi di marconista.
 

Mi ricordo come se fosse oggi quando mi arrivò la lettera dicendomi di presentarmi a Padova il 1 gennaio del 1940 presso la sede dell’87° squadriglia aerea. Ero veramente felice.
Da qui mi mandarono subito a fare il primo corso a Milano. La scuola si trovava proprio dietro il Duomo.
Superato l’esame , fui mandato a Napoli alla scuola di Capodichino a frequentare il corso successivo per la specializzazione. Qui oltre agli insegnamenti teorici sulle comunicazioni radio, ho iniziato per la prima volta a volare.
Alla fine con mia grande soddisfazione sono passato, divenendo marconista Specialista. Ce l’avevo fatta!!


Florido il prima a sinistra con il suo equipaggio

Tornato a Padova alla mia base di appartenenza, alla fine del 1940 mi hanno mandato subito in zona operativa all’aeroporto di Lecce, iniziando così le ricognizioni che erano scorta alle navi e caccia ai sommergibili. L’aereo su cui volavo era un Caproni Ca.313 un monoplano bimotore formato da un equipaggio di 3 uomini. Pilota, l'osservatore (che era quasi sempre un ufficiale dell'esercito) e il marconista. L’aereo era armato con bombe e mitragliatrici.


Bari,Florido è il primo a sinistra. Accanto il capitano dei marconisti della squadriglia e altri marconisti

Da Lecce fui mandato all’aeroporto di Bari, sempre espletando le mansioni assegnatemi e dove mi è capitato questo episodio, ritenendomi un fortunato.
La mattina del 23 gennaio 1941 prima dell’alba eravamo pronti per partire per una missione di intercettazione di sommergibili inglesi che erano stati avvistati nell’Adriatico. I  motori erano già accesi e stavamo controllando che tutto funzionasse e fosse in ordine. Unico dato negativo erano quei grossi nuvoloni che coprivano completamente il cielo, questo avrebbe reso tutto  più difficile  e pericoloso. Faceva molto freddo. Tutto era pronto. Montammo sull’aereo pronti alla partenza quando improvvisamente e inaspettatamente giunse il comandante della squadriglia dicendomi che dovevo scendere dall’aereo perché avrei fatto il prossimo volo, facendo salire al mio posto un altro marconista.
Partirono ed io insieme ad altri, ci mettemmo nella baracca accanto alla stufa in attesa del loro ritorno. Ma da quella missione nessuno tornò.


Florido nella sua postazione di marconista


Nel 1942 dopo circa un anno che eravamo a Bari tutta la squadriglia fu mandata in Africa settentrionale alla base K3 presso Bengasi in Libia, facendo numerosissime azioni di ricognizione sia di terra che in mare, ma soprattutto perlustrazione del deserto alla scoperta delle camionette inglesi che di notte attaccavano i nostri avamposti.


All’ aeroporto di Tripoli, anche qui mi ricordo che la fortuna ci è stata amica perché un aereo dei nostri che ci stava volando accanto, fu centrato dall’artiglieria nemica e noi non subimmo alcun danno.

Un’altra volta mi trovavo in missione nel Mediterraneo, con brutto tempo, quando davanti a noi si incontrarono due caccia nemici. Il nostro pilota mise in atto uno stratagemma (fingendo di non distinguere bene quanto fosse distante il mare) portò l’aereo al pelo dell’acqua. L'altro pilota ingannato da questa manovra calcolò male la distanza e andò ad infilasi diritto in mare. Il suo collega che lo seguiva stranamente rinunciò alla caccia e andò via.

Sempre sul Mediterraneo il comandante dell’aereo mi comunicò: “Fiaschi c’è un incendio a bordo sul motore sinistro!! Mi si gelò il sangue nelle vene perché riuscire ad ammarare nel mare era qualcosa di molto arduo ed una vera incognita. Io ero nella mia postazione in coda all’aereo per cui manovrando il seggiolino mi abbassai sotto dove c’era la postazione con la mitragliatrice e qui avevo un ampia visuale sull’aereo, ma non vidi nessun incendio.
In seguito scoprimmo che si era trattato di un guasto all’avvisatore di incendio. E grazie al cielo, anche questa volta andò tutto bene.
 

 

Al nostro ritorno dall’Africa dovemmo fare un lungo giro, perché gli inglesi e gli americani avevano i Radar e noi no. Era il dicembre del 1943 e fummo mandati in Sicilia a Gela. In questo periodo di permanenza alla base, venne abbattuto dalla contraerea un caccia inglese, io ero fra i primi accorsi sul posto. Vedemmo i pezzi dell’aereo sparsi in un raggio di oltre 100 metri e i poveri resti del pilota. Era un giovane Tenente. Ritrovammo il suo portafoglio, dove c'era una foto della moglie e delle sue due bambine. Rimanemmo molto scossi da tutto ciò perché anche se era un nostro nemico era pur sempre un uomo e avemmo pietà di lui.

Da Gela fummo trasferiti all’aeroporto di Gerbini nella piana di Catania. Era  poco prima dello sbarco in Sicilia degli americani e ogni giorno aerei nemici  bombardavano continuamente i nostri aeroporti.

 

 

Dopo lo sbarco americano, avvenuto il 10 luglio 1943,  fummo trasferiti a Novi Ligure dove tutta la squadriglia divenne parte del 19° stormo da ricognizione.
Quasi subito venne l’ordine di partire per Tolone in Francia. Io chiesi al mio comandante di potere andare a casa in licenza a rivedere la mia famiglia. Lui mi disse testualmente : “Vai ma non tornare perché qui è tutto uno sfascio e non si sa più chi comanda e quello che succederà!!”
Io non me lo feci ripetere due volte e tornai finalmente a casa. In seguito mi nascosi sui colli Albani di Carmignano.

Purtroppo i repubblichini fascisti mi presero e mi portarono al loro quartiere generale a Firenze in un luogo conosciuto per il suo orrore, era Villa Triste sulla via Bolognese centro di torture e sofferenze, al comando del maggiore Carità un famigerato ed efferato  personaggio.
Assistei alle torture  fatte ad  un giovane studente accusato di essere un partigiano. Già pensavo che la stessa cosa dopo di lui sarebbe accaduta a me, non sapendo che anche in questo caso la fortuna mi avrebbe ancora assistito. Infatti   squillò il telefono e il Maggiore Carità dopo avere parlato con il suo interlocutore ordinò che ci portassero in prigione alle Murate di Firenze.
Dopo qualche giorno fui liberato, venne mio padre a prendermi.
Ero salvo ancora una volta.

Ormai la guerra volgeva al termine l’armistizio fu firmato l’8 settembre del 1943  ma non era ancora finita. Il 7 luglio del 1944 Poggio a Caiano subì un violento bombardamento e mio padre rimase ucciso. Dovemmo però attendere fino al 1945 perché la guerra terminasse.

Ora, iniziava il periodo della ricostruzione, un nuovo periodo di speranza per tutti e un nuovo capitolo della mia vita.”

 


Fonti:CrPrato - Nostra intervista 


 

Domenica 14 settembre 2014 si è spento a 94 anni
presso l'ospedale di Prato Fiaschi Florido, un grande e mitico personaggio
conosciuto e ben voluto da tutti a Poggio a Caiano.
Il CrPrato si unisce al dolore della famiglia.

  

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